Dichiara pace
Dichiara pace al tuo respiro.
Inspira uomini d'arme e attrito, espira edifici interi e stormi di merli dalle ali rosse.
Inspira terroristi ed espira bambini che dormono e campi appena falciati.
Inspira confusione ed espira alberi di acero.
Inspira quanto è caduto ed espira amicizie di tutta una vita ancora intatte.
Dichiara pace con il tuo ascolto: quando senti sirene, prega ad alta voce.
Ricorda quali sono i tuoi strumenti: semi di fiori, spilli da vestiti, fiumi puliti.
Prepara una minestra.
Fai musica, impara come si dice grazie in tre lingue diverse.
Impara a fare la maglia, e fai un cappello.
Pensa al caos come mirtilli che danzano, immagina il dolore come l'espirazione della bellezza o il gesto del pesce.
Nuota per andare dall'altra parte.
Dichiara pace.
Il mondo non è mai apparso così nuovo e prezioso.
Bevi una tazza di tè e rallegrati.
Agisci come se l'armistizio fosse già arrivato.
Non aspettare un altro minuto.
Da bombacarta.com:
Fiori bianchi
La scorsa notte
nei campi
mi sono distesa nell'oscurità
per pensare alla morte,
mi sono invece addormentata,
come se fossi
in una stanza ampia e obliqua
ripiena di quei fiori bianchi
che si aprono per tutta l'estate
nei campi appiccicosi e disordinati.
Quando mi sono svegliata
la luce del mattino stava appena scivolando
davanti alle stelle,
ed io ero coperta
di germogli.
Non so
come sia accaduto -
Non so
se il mio corpo
si sia tuffato giù
sotto le viti zuccherine
in una somiglianza temperata dal sonno
con le profondità,
o se quella energia verde
è risorta come un'onda
e si è arricciata su di me, reclamandomi
nelle sue braccia roche.
Le ho spinte via, ma non mi sono sollevata.
Mai nella mia vita mi sono sentita così vellutata,
o così vischiosa,
o così risplendentemente vuota.
Mai in vita mia
mi sono sentita così vicina
a quella linea porosa
dove il mio stesso corpo veniva formato
e le radici e i fusti e i fiori
hanno il loro inizio.
Gufi bianchi volano dentro e fuori i campi
Venendo giù
dal cielo gelido
con le sue profondità di luce,
come un angelo, o un Buddha con le ali,
era bello e preciso,
battendo le neve e qualsiasi cosa fosse là
con una forza che lascia l'impronta
della punta delle sue ali - distanti un metro e mezzo -
e l'impeto predatore delle sue zampe,
e il segno di ciò che stava rincorrendo
attraverso le bianche valli della neve -
e allora si è levato, graziosamente,
ed è volato via nuovamente verso le paludi ghiacciate,
per appostarsi là, come un piccolo faro,
nelle ombre blu -
così pensai:
forse morte
non è oscurità, dopo tutto,
ma così tanta luce che si avvolge attorno a noi -
soffice come piume.
Noi, istantaneamente stanchi di guardare, e guardare,
chiudiamo i nostri occhi, non senza meraviglia,
e ci lasciamo trasportare,
come attraverso la translucenza della mica,
al fiume che è senza la ben che minima ombra o macchia -
che è nulla se non luce - bruciante e aortica luce -
in cui siamo lavati e lavati
dalle nostre ossa.
Solitari, bianchi campi
Ogni notte
il gufo
con la sua scimmiesca faccia selvaggia
lancia il suo richiamo di tra i rami neri,
e i topi hanno freddo
e i conigli rabbriviscono
nei campi innevati -
e allora si apre la lunga, profonda valle del silenzio
quando egli smette il suo canto e si lancia
in aria.
Io non so
quale sia della morte lo scopo
ultimo, ma penso
questo: chiunque sogni di tenere la sua
vita in pugno
anno dopo anno per centinaia di anni
non ha mai considerato il gufo -
come egli viene, esausto,
attraverso la neve,
attraverso gli alberi ibernati,
superati tronchi e piante,
tirandosi fuori da stalle e campanili,
girando per questa e quella via
attraverso le maglie di qualunque ostacolo -
fermato da nulla -
riempiendosi momento dopo momento
di una gioia rossa e digeribile,
lanciandosi a falce dai campi solitari e bianchi -
e come al mattino,
come se ogni cosa fosse
come deve essere, i campi
si fanno intensi di luce rosa,
il gufo scompare
dietro tra i rami,
la neve va a cadere
fiocco dopo perfetto fiocco.
Oche selvatiche
Non devi essere buono.
Non devi camminare sulle ginocchia
per cento miglia nel deserto in penitenza.
Devi solo lasciar che il dolce animale del tuo corpo ami ciò che ama.
Raccontami della disperazione, la tua, ed io ti racconterò la mia.
Intanto il mondo va avanti.
Intanto il sole e i chiari cristalli di pioggia
si stan muovendo pei paesaggi, su praterie e profondi alberi,
su montagne e fiumi.
Intanto le oche selvagge, alte nel puro aere blu,
son di nuovo sulla rotta verso casa.
Chiunque tu sia, non importa quanto solo,
il mondo offre se stesso alla tua immaginazione,
come le oche selvatiche ti chiama, aspro ed eccitante -
annunciando ancora e ancora il tuo posto
nella famiglia delle cose.
Quando verrà la morte
Quando verrà la morte
come in autunno l'orso affamato;
quando la morte verrà, tirando fuori tutte le monetine lucide dal borsellino
per comprarmi, poi lo chiuderà di scatto;
quando la morte verrà
come il morbillo
quando la morte verrà
come un iceberg fra le scapole
voglio attraversare la porta piena di curiosità, chiedendomi:
a cosa assomiglierà, questa villetta delle tenebre?
Perciò guardo a tutto
come in fratellanza e sorellanza
guardo al tempo come a nient'altro che un'idea
e considero l'eternità un'altra possibilità,
penso a ogni vita come a un fiore, comune
come un fiore di campo, e altrettanto singolare
e ogni nome una musica confortevole in bocca
che come tutta la musica tende al silenzio
e ogni corpo un leone di coraggio, e qualcosa
di prezioso per la terra.
Quando sarà finita, voglio dire che tutta la mia vita
fui una sposa sposata allo stupore.
Fui lo sposo che prende il mondo in braccio.
Quando sarà finita non voglio chiedermi
se della mia vita ho fatto qualcosa di particolare, di reale.
Non voglio ritrovarmi a singhiozzare spaventata
o immersa in discussioni.
Non voglio finire avendo solo visitato il mondo.
Il viaggio
Un giorno hai saputo finalmente
cosa dovevi fare, e hai cominciato
anche se le voci tutt'intorno
continuavano a urlare
i loro malconsigli
anche se l'intera casa
iniziava a tremare
e tu sentivi l'antico
strattone alle caviglie:
"Ricuci la mia vita!"
ogni voce gridava.
Ma non ti sei fermata.
Sapevi cosa dovevi fare
anche se il vento scardinava
con le sue dita fredde
le fondamenta stesse,
anche se la loro malinconia
era terribile.
Era già abbastanza
tardi, e una notte selvaggia,
la strada piena di
pietre e rami caduti.
Ma pian piano
mentre ti lasciavi le loro voci indietro
le stelle iniziarono a risplendere
fra le lenzuola di nuvole
e ci fu una nuova voce
che lentamente
riconoscesti per tua
a tenerti compagnia mentre
allungavi sempre più profondo
il passo nel mondo
determinata a fare
l'unica cosa che potevi fare -
determinata a salvare
la sola vita che potevi salvare.
Un incontro
Si addentra nella palude oscura
dove la lunga attesa termina.
Il viscido involto segreto
cade fra le erbacce.
Lei curva il lungo collo, lo afferra con la bocca
fra lenti respiri spossati
e dopo un po' quello sorge e diviene
una creatura come lei, solo molto più piccolo.
E ora sono due, e vanno insieme
come un sogno sotto gli alberi.
A inizio giugno, al margine di un campo
denso di fiori gialli e rosa
li incontro.
Posso solo sgranare gli occhi.
Lei è la donna più bella
che ho mai visto.
Il bimbo salta tra i fiori
il blu del cielo mi cade addosso
come seta, i fiori ardono, e io voglio
vivere la mia vita dall'inizio, cominciare di nuovo
per essere completamente
selvaggia.
Giorno d'estate
Chi ha fatto il mondo?
Chi il cigno, e l'orso nero?
Chi la cavalletta?
Intendo, questa
che si è lanciata fuori dell'erba,
che mi sta mangiando zucchero in mano,
che muove le mascelle avanti e indietro, anziché su e giù,
che fissa intorno coi suoi occhi enormi e complicati.
Ora solleva i pallidi avambracci e si lava bene la faccia.
Ora schiocca le ali e vola via.
Non so esattamente cosa sia una preghiera.
So come fare attenzione, come sprofondare
giù nell'erba, come inginocchiarmi nell'erba,
come essere oziosa e benedetta, come vagare nei campi,
che è quel che ho fatto tutto il giorno.
Dite, cos'altro avrei dovuto fare?
Non muore infine tutto, e troppo presto?
Dite, che piano intendete attuare
con la vostra preziosa, selvaggia, unica vita?
Piccola poesia estiva sulla fede
Ogni estate
Ascolto e guardo
sotto l'ottone del sole e perfino
nel chiar di luna, ma non riesco a sentire
nulla, non vedo nulla -
non le pallide radici che scavano, né i verdi
steli che si irrobustiscono,
né le foglie
che approfondiscono le umide pieghe
né le barbe che si fanno
né i baccelli o le pannocchie.
E tuttavia
ogni giorno,
il campo di foglie
si innalza e si fa denso
abiti da sera allungati nella notte
spruzzati di seta.
E così ogni estate
come testimone fallisco, non vedo nulla -
sono anche sorda
al ticchettio delle foglie
il tamburellare dell'abbassarsi dai piedi del banyan -
tutto
succede
aldilà di ogni prova visibile o udibile ronzio.
Giunga quindi l'incommensurabile.
L'inconoscibile contatto tocchi la fibbia della mia spina
Volteggi il vento fra gli alberi
e il mistero nascosto nello sporco
dondoli in aria.
Come potrei guardare qualcosa in questo mondo
e tremare, e stringermi le mani sul cuore?
Cosa dovrei temere?
Una mattina
nel verde oceano di foglie
il favo del magnifico corpo del granturco
ci sarà certo.
Poesia fredda
Freddo ora.
Vicino al bordo. Quasi
insopportabile. Nubi
si ammucchiano in alto e ribollono
dal nord dell'orso bianco.
In questo mattino che spacca gli alberi
sogno le sue tracce grasse,
lo strutto salvavita.
Penso all'estate dai frutti luminosi,
boccioli che si arrotondano in bacche, foglie
manciate di granaglie.
Forse ciò che il freddo è, è il momento
in cui misuriamo l'amore che abbiamo sempre avuto, segreto
per le nostre stesse ossa, il duro amore affilato
per il caldo fiume dell'io, oltre ogni cosa; forse
è questo che significa la bellezza
dello squalo blu che incrocia verso le foche che cadono.
Nella stagione della neve
nel freddo incommensurabile
cresciamo crudeli ma onesti, ci manteniamo
vivi
se possiamo, prendendo uno dopo l'altro
i corpi necessari degli altri, i molti
fiori rossi schiacciati.
Il sole
Hai mai visto
in vita tua
qualcosa
più splendido
del modo in cui il sole
ogni sera
rilassato e a suo agio
galleggia verso l'orizzonte
e nelle nuvole o colline
o nel mare scompigliato
ed è andato -
e come scivola di nuovo
dall'oscurità
ogni mattina
sull'altro lato del mondo
come un fiore rosso
scivolando in alto sui suoi oli celesti
diciamo, una mattina a inizio estate
alla sua perfetta distanza imperiale -
e hai mai provato per qualcosa
un amore così selvaggio -
credi che da qualche parte, in qualche lingua
esista una parola gonfia abbastanza
che ti riempie
quando il sole
sbuca fuori
ti riscalda
mentre stai lì
a mani vuote -
o anche tu
hai rinunciato a questo mondo -
o anche tu
sei impazzito
per il potere
per le cose?
La possibilità di amare ogni cosa
Per tutta estate ho fatto amicizia
con le creature intorno -
scorrevano per i campi
e sotto le pareti della tenda
o in fila per la porta
sorridendo coi loro molti denti
cercando semi,
strutto, zucchero; mormorando e ronzando,
aprendo la cassetta del pane, sommamente felici
se c'erano latte e musica. Ma una volta
nella notte ho udito un suono
fuori della porta, il tessuto
si è leggermente teso - qualcosa
premeva verso dentro, a altezza d'occhio.
Guardavo, tremando, sicura di avere udito
il clic di artigli, lo schiocco di labbra
fuori della mia casa leggera.
Immaginai gli occhi rossi,
la lingua larga, il grembo enorme.
Amico anche quello?
La paura mi sconfisse. E tuttavia
né per fede né per follia
ma col coraggio che pensavo
meritasse il mio sogno
andai di fuori. Se ne era andato.
Poi mi voltai al suono di qualche
tonnellata strascicata.
Davvero ho visto un'anca nera
sgusciare via tra gli alberi? L'ho vista
splendere sotto i raggi della luna?
Davvero stesi le mie braccia
verso quello, verso il paradiso che cadeva, come
lo svanire della più cara e selvaggia speranza -
il cuore scuro della storia che è tutto
il motivo per raccontarla?
La prossima volta
Quello che farei la prossima volta è guardare
la terra prima di dire qualunque cosa. Mi fermerei
subito prima di entrare in una casa
per un minuto sarei un imperatore
e ascolterei meglio il vento
o l'aria stando immobile.
Se qualcuno mi parlasse, che sia
biasimo o lode, o solo passatempo,
guarderei la faccia, come deve
lavorare la bocca, e vedrei ogni tensione, ogni
segno di cosa alza la voce.
E nonostante tutto saprei di più - la terra
che si rinforza e si libra, l'aria
che trova ogni foglia e piuma su
acqua e foreste, e per ogni persona
il corpo risplendente dentro gli abiti
come una luce.
Poesia (Lo spirito ama vestirsi…)
Lo spirito
ama vestirsi così:
dieci dita le mani
dieci dita i piedi
spalle, e tutto il resto,
la sera
nei rami neri,
al mattino
nei rami blu
del mondo.
Naturalmente potrebbe galleggiare
ma preferisce
sondare materia grezza.
Cosa ariosa e senza forma
gli serve
la metafora del corpo,
calce e appetito,
i fluidi oceanici;
del corpo gli serve il mondo
istinto
e immaginazione
e l'abbraccio oscuro del tempo
dolcezza
e tangibilità,
per essere compreso
per essere più che pura luce
che arde
dove non c'è nessuno
così entra in noi
al mattino
splende di brutale agiatezza
come la fitta del fulmine
e la sera
accende i profondi, mirabili
annegamenti del corpo
come una stella.
Il pesce
Il primo pesce
che ho preso
non se ne stava
quieto nel secchio
ma si sbatteva e boccheggiava
nella bruciante
meraviglia dell'aria
e morì
nel lento riversarsi
di arcobaleni. Più tardi
aprii il suo corpo, separai
la carne dalle ossa
e lo mangiai. Ora il mare
è in me: io sono il pesce, il pesce
scintilla in me, noi siamo
sorti, intrecciati insieme, certi di cadere
di nuovo in mare. Per il dolore,
e dolore, e altro dolore
nutriamo questa trama febbricitante, siamo
nutriti dal mistero.
Allo Stagno dell'Acqua Nera
Allo Stagno dell'Acqua Nera le acque mosse si sono
acquietate dopo una notte di pioggia.
Immergo le mani a coppa. Bevo
un lungo sorso. Sa
di pietra, foglie, fuoco. Cade fredda
nel mio corpo, risvegliando le ossa. Le sento
profonde dentro di me che bisbigliano
"Oh cos'è questa cosa fantastica
ch'è appena successa?"
Hai mai provato a entrare nelle lunghe diramazioni nere
Hai mai provato a entrare nelle lunghe diramazioni nere
di altre vite -
provato a immaginare come
si sentono
i bordi arricciati, pieni di miele,
che pendono
di primo mattino
dalle robinie giovani?
Credi che questo mondo fosse solo un intrattenimento per te?
Mai entrare nel mare e notare come l'acqua si divide
in due, con perfetta cortesia, per farti entrare!
Mai giacere nell'erba, come se tu fossi l'erba!
Mai balzare nell'aria mentre apri le ali sulla
ghianda scura del tuo cuore!
Nessuna meraviglia se nella tua voce funerea sentiamo il lamento
che qualcosa manca dalla tua vita!
Chi può aprire la porta se non cerca la serratura?
Chi cammina per miglia se non mette un piede
davanti all'altro, tutto attenzione per ciò che si presenta
continuamente?
Chi ammirerà la camera interna se non ha osservato
con attenzione, estasi perfino, la pietra esterna?
Bene, c'è ancora tempo.
Dappertutto campi ti invitano a entrarci.
E chi avrà cura, chi ti sgriderà se ti metti a vagare,
dovunque tu sia, per cercare la tua anima?
Svelto, allora, in piedi, metti il soprabito, lascia la scrivania!
Mettere i piedi nella porta dell'erba, che è
il mistero, che è la morte come la vita, e
non aver paura!
Mettere i piedi nella porta della morte, ed essere sopraffatti
dallo stupore!
Sedersi davanti alle erbacce, e immaginare il dio
dalle dieci dita che fa vela dalla sua casa di paglia
che fa cenni in vari modi, ai fiori
dell'ora presente,
alla canzone che cade dalla bocca del tordo,
alle stole del caprifoglio che si sono aperte nella notte
Sedersi come erba fra l'erba, e stormire nel vento!
Ascolta, stai appena respirando, e la chiami vita?
Mentre l'anima dopotutto è solo una finestra
e l'aprirla non è più difficile
che svegliarsi da un sonnellino.
Solo la settimana scorsa uscii fra i rovi e dissi
alle rose canine
non rifiutatemi
ma sopportate la mia devozione.
Poi sedetti fra loro tutto il pomeriggio. Forse
udii perfino un ricciolo o traino di musica, umida e rosa-rossa,
che si affrettava dai loro tozzi boccioli, dagli esili corpi acquosi.
Per quanto ancora ascolterai quegli scuri avvisi,
cautela, prudenza?
Làsciati cadere, làsciati!
Una donna in piedi fra le erbacce
una barchetta annaspa in acqua alta, e ciò che verrà dopo
arriva con sforzo e grazia suoi.
Nel frattempo, ogni tanto, mi sono imbattuta, fra le cose rapide,
nell'immutabile.
Cos'altro si può chiedere?
E toccavo i volti delle margherite
e mi inchinavo
per pensarci.
Fu allora, e non è ancora finito.
Ora il sole inizia a oscillare e abbassarsi. Sotto la luce di pesca,
attraversando campi e dune, seguo l'orlo dell'oceano.
Mi arrampico, torno sui miei passi.
Galleggio.
Passeggio verso casa.
Gufetto che vive nel frutteto
Col becco potrebbe aprire una bottiglia
e gli occhi, quando solleva le morbide palpebre,
continuano a leggere qualcosa
proproo dietro le tue spalle -
Blake, forse
o il Libro della Rivelazione.
Non importa se mangia solo
grilli dal grembiule nero
e libellule se per caso
escono tardi sullo stagno, e naturalmente
il gaio topo, se capita.
Non importa se è solo un promemoria
dagli uffici della paura -
non è massa ma impeto che ci dice
che siamo in contatto con qualcosa di reale
e quando lo sento nel frutteto
battere le ali
scendendo la scaletta di alluminio
del suo strillo -
quando vedo le ali aperte, come due felci nere,
un turbine di palpitazioni
fredde come il nevischio
schiamazza fra le paludi
del mio cuore
come un selvaggio giorno primaverile.
Da qualche parte nell'universo
nella galleria delle cose importanti
il gufetto, arruffato e dissoluto
siede sul suo piedistallo.
Tenero scuro di felpa!
Un messaggio, dice l'etichetta,
da quel misterioso conglomerato:
Oblio s.r.l.
La testa adunca sta fissando
dalla sua casa di scuro pizzo piumoso.
Potrebbe essere una valentina.
Canzone dei costruttori
Una domenica mattina
mi sedetti
lungo una collina
per pensare a Dio -
un degno passatempo.
Vicino a me, vidi
un grillo, da solo.
Spostava i chicchi della collina
da una parte e dall'altra.
Com'era grande la sua energia,
quanto umile il suo sforzo.
Speriamo
che sia sempre così,
ognuno di noi che continua
nei nostri modi inspiegabili
a costruire l'universo.
Le falene
C'è un tipo di falene bianche, non so
che tipo, che scintilla
a metà maggio
nella foresta, proprio
mentre il cypripedium
sta spuntando.
Se ti accorgi di qualcosa
ti porta ad accorgerti
di sempre
altre cose ancora.
E comunque
ero così piena di energia.
Correvo sempre in giro
guardando questo e quello.
Se mi fermavo
il dolore
era insopportabile.
Se mi fermavo e pensavo, forse
il mondo
non si può salvare,
il dolore
era insopportabile.
Infine mi accorsi a sufficienza.
Tutto intorno a me nella foresta
le falene bianche fluttuavano.
Quanto vivono, volteggiando
dentro e fuori le ombre?
Non sei poi una gran cosa, dissi
un giorno al mio riflesso
in uno stagno verde, e
feci una smorfia.
Le ali delle falene prendono la luce del sole
e bruciano
con un tale splendore.
La notte a volte
sgusciano tra i lobi rosa
del cypripedium e stanno lì fino all'alba
immobili
in quelle cupe aule di miele.
L'allodola
E ho visto
all'alba
l'allodola
sfrecciare via dall'erba alta
e nell'aria rosa -
le ali
né larghe
né troppo forti
che battono,
i pettorali
si fanno strada, sfrecciando
solo verso l'altezza -
e la canzone
che prorompe
ininterrotta
dalla gola rossa.
E poi discende
dispiaciuta.
La piccola testa china,
ansima qualche momento
per respirare
fra i cerchi d'erba
secchi e croccanti
dove per lo più passa la vita -
poi qualcosa la richiama ancora
e sale su
le spalle che lavorano
il corpo intero quasi in collasso a galla
sino ai confini del mondo.
Siamo, credo, rassegnati
al troppo.
Meglio essere un uccello, come questo -
un ornamento dell'eterno.
Una volta che scendeva verso il nido nell'erba
"Sperpera il giorno, ma salva l'anima"
le sentii dire.
Uccello gatto
Sceglie lo stagno, e il bosco morbido del suo mondo.
Invita la sua signora, e lei arriva,
civettando con la coda.
Inizia presto, e inventa la canzone mentre va.
Di notte o quando piove non entra in una casa.
Per quanto cauto, non teme il vento.
Bada al serpente, striscia di fuoco nero,
finché scivola via.
Bada al falco, ai suoi artigli affilati, in cima
all'alto albero.
Tiene la sua preghiera sotto la lingua.
In tutta la sua vita non ha mai perso il sorgere del sole.
Non gli piace la neve.
Ma alcuni acini gli procurano somma delizia.
Siede nel ciuffo del lillà, o sta impettito
nella sua ombra.
Non è il raro piviere o il brillante zigolo,
ma è comune come l'erba.
Il suo berretto nero gli dà quell'aria sbarazzina per cui
noi umani invidiosi abbiamo imparato a inclinare il berretto.
Quando non canta, ascolta.
Non l'ho mai visto nemmeno chiudere gli occhi.
Anche se sta guardando nient'altro che una nuvola
gli suscita dozzine di nuove osservazioni.
Da un ramo all'altro, o attraverso il sentiero
abbaglia col suo volo.
Poiché lo vedo ogni mattina, mi sono premiata
col piacere di pensare che mi conosce.
Però non una volta ha risposto al mio cenno.
In realtà sembra come trovare in me un umorismo,
sono così immensa, incerta e strana.
Sono quella che va e viene
chissà perché.
Lo capirò mai?
Di certo lui non capirà mai me o il mondo da cui vengo.
Poiché non canterà mai per il regno dei dollari.
Poiché nelle sue ali grigie non cresceranno mai tasche.